Nel precedente articolo abbiamo introdotto il tema della dirty electricity, la cosiddetta “energia elettrica sporca”.
Cercheremo adesso di spiegare, in sintesi, come l’interferenza di questi campi elettro-magnetici artificiali sia in grado di alterare i delicati processi metabolici e neurofisiologici che determinano il nostro stato di omeostasi corporea e che determinano il nostro stato di salute e benessere.
Il nostro corpo funziona grazie alla corretta gestione di potenziali elettrici; due dei principali apparati del corpo umano, quello nervoso e cardiaco, sono strettamente connessi ad un’attività bioelettrica.
Il sistema nervoso centrale o encefalico mostra un’attività elettrica molto complessa composta da una gamma di quattro gruppi di onde cerebrali a frequenza crescente (Delta, Theta, Alfa e Beta; sono le frequenze che vengono indagate attraverso l’elettroencefalogramma) che determinano lo specifico stato di funzionamento cerebrale che è connesso con l’attivazione/inibizione di determinati apparati e funzioni corporee. Le onde di tipo beta hanno una frequenza di oscillazione compresa tra i 12 e i 35 Hz e corrispondono ad uno stato di forte attivazione cerebrale; vicino al limite superiore il sistema è ufficialmente “sotto stress” e i suoi sistemi di difesa entrano in azione.
Il nostro sistema nervoso centrale è in grado di vibrare e di produrre frequenze e, grazie a questa sua proprietà risonante, subisce l’interferenza da parte di tutte le onde che lo circondano, lo attraversano e con le quali entra inevitabilmente in risonanza vibrazionale. Considerando che le onde elettromagnetiche della dirty electricity oscillano principalmente tra i 2000 e i 100000 Hz, è facile comprendere come siano in grado di portare facilmente l’oscillazione cerebrale a frequenze così elevate da compromettere immediatamente la capacità del sistema di modulare le proprie frequenze in maniera adeguata.
Inizialmente viene preclusa la possibilità di raggiungere uno stato di rilassamento e di raggiungere la frequenza necessaria per un sonno profondo e salutare; a lungo andare emergono i sintomi legati ad una sofferenza, come arrossamento degli occhi, cefalea irritabilità. Tutte le funzioni corporee collegate alle frequenze cerebrali più basse, come la digestione, la riparazione tissutale e la ricarica energetica, vengono inibite e sopraggiungono tutti i sintomi tipici di una iper-attivazione frequenziale come le aritmie cardiache, le vertigini e gli affanni respiratori. Se il disturbo si protrae nel tempo si assiste alla comparsa dei sintomi tipici di uno stress cronico, come la fatica cronica e un progressivo indebolimento sia del sistema endocrino che di quello immunitario, con un aumento del rischio di gravi malattie croniche.
Le correnti elettrostatiche indotte aggrediscono direttamente il corpo delle persone e vengono lette come agenti patogeni, alla stregua di batteri. Questa aggressione attiva il sistema di difesa immunitario. I risultati di studi effettuati dal Dr Samuel Milham (fisico-epidemiologo, specializzato in salute pubblica), insieme al Dr Davis sullo stato immunitario dei lavoratori impiegati nell’industria della lavorazione dell’alluminio mostrano una forte risposta immunitaria ai campi elettromagnetici degli operai addetti ai reparti di raffinazione elettrolitica. Alla fine dello studio le analisi di laboratorio hanno mostrato un conteggio molto anomalo dei linfociti T4 e T8. Il ricercatore, nel suo libro “Dirty electricity, electrification and the diseases of civilization”, scrive: “È plausibile che dopo un certo periodo di tempo, a causa di questa stimolazione cronica del sistema immunitario, il sistema immunitario fosse stremato e fallisse, generando la produzione del linfoma”.
Anche il sistema cardiocircolatorio è inevitabilmente sensibile ai campi elettromagnetici indotti considerato che il cuore ha una sua attività elettrica pulsante e variabile. L’elettrocardiogramma è un test che ci mostra proprio la forma dell’onda elettrica cardiaca e ci svela il corretto funzionamento dell’attività contrattile cardiaca. E’ ormai accertato come forti campi elettromagnetici possano indurre variazioni del ritmo e della frequenza dell’attività cardiaca. Anche i campi elettromagnetici pulsanti generati dagli impulsi ad alta frequenza della dirty electricity producono un disturbo quantificabile della normale attività cardiaca. Si tratta di un’interferenza che, nei soggetti affetti da patologie cardiache, può assumere un peso assolutamente non trascurabile. Esiste poi un secondo aspetto rilevante che deve essere tenuto di conto quando si cerca di effettuare una stima delle interferenze dannose dell’inquinamento elettromagnetico a carico del sistema cardio-vascolare. Sappiamo che i globuli rossi sono le cellule del sangue deputate al trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti e dell’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni. Queste cellule sono in grado di adempiere al loro compito grazie ad una sostanza, l’emoglobina, che è contenuta nei loro nuclei; si tratta di una proteina che opera questo trasporto, grazie al ferro che contiene e che dà a queste cellule il loro colore caratteristico. Il ferro può magnetizzarsi in due modi:
- per contatto diretto con un magnete
- per induzione elettrostatica da parte di un campo elettromagnetico.
Abbiamo visto che i nostri spazi domestici e lavorativi pullulano di una melassa di campi elettromagnetici generati da varie fonti di irradiazione (quelli prodotti dalla dirty electricity rappresentano una voce di un elenco molto lungo). E’ ipotizzabile che anche i globuli rossi del sangue possano elettrizzarsi e magnetizzarsi, attraendosi l’un l’altro. Questo fenomeno produce un vero e proprio impilamento di globuli rossi che determina un addensamento del sangue e un aumento della VES (velocità di eritrosedimentazione) che misura proprio la fluidità del sangue: più la VES è elevata, più il sangue è denso; numerosi studi sul cosiddetto “sangue elettrico”, effettuati da medici e ricercatori con il microscopio in campo oscuro, hanno confermato questo impilamento degli eritrociti sottoposti a campi elettromagnetici. Un sangue addensato mostra anche un calo della sua capacità di trasportare ossigeno verso le cellule. Generalmente una VES alta è interpretata come l’indizio di uno stato infiammatorio e infettivo. Ovviamente, nel caso del sangue magnetico la VES può essere alta senza che si sia in presenza di alcuna infezione.